mercoledì 23 gennaio 2013

Una nuova Vanessa?

"Jeans e tacchi vanno bene, ma il maglioncino proprio no".
Siamo al consultorio, la sala d'attesa è gremita e Sorella sta esponendo le sue teorie in fatto di abbigliamento-da-primo-appuntamento.
"Ma se non ci devo andare a letto... ", sussurro.
"Non significa che devi vestirti comoda".
Le persone attorno a noi parlottano a voce bassa.
"Ma è un maglione mooolto attillato".
"Ma è un maglione".
"Non capisco che problema hai con il mio maglione".
"E' anti-sesso".
Porca miseria. In effetti non è il capo più sexy del mio repertorio, ma sono partita con l'idea di comportarmi da persona per bene e non posso indossare il, che so, vestitino leopardato che più che un vestitino è una seconda pelle perché il vestitino leopardato lo sfoggio esclusivamente quando l'intento è diretto e chiaro, ovvero scopare.
Ma anti-sesso... No, anti-sesso non lo posso sopportare.
Credo che Fratello, con noi poiché costretto dalla momentanea morte della sua macchina, stia meditando il suicidio. Unico maschio in un mondo di sole donne - e sporadici, eroici fidanzati - sfoglia una rivista con aria greve e tenta di celare il sospetto ciondolamento della testa tipico della sonnolenza latente.
"Non faccio in tempo a tornare a casa e cambiarmi. Ho lo zaino in macchina".
Il programma è: fare la doccia e prepararmi da Madre, che abita in città, e andare direttamente all'appuntamento.
"Allora lo compriamo".
Ora. Sono una donna, perciò soffro della sindrome da shopping compulsivo come da tradizione millenaria, ma acquistare un vestito per uno stupido primo appuntamento mi sembra esagerato. Glielo dico.
"Cazzo Va', ti vesti da troia pure per andare al Crash e ora te la tiri come una prima donna... Compra 'sto cazzo di vestito e cambiamo discorso, che mi state uccidendo".
Fratello non capisce che pronunciare tali parole ad alta voce può provocare silenzi improvvisi, risatine soffocate e generale senso dello sbigottimento proveniente dalle persone più adulte. Lo incenerisco con lo sguardo. Per tutta risposta chiude gli occhi e mi ignora.
"Kane. Kaaane!", urla l'ostetrica. 
E' il mio turno. Mi tiro in piedi con tutta la dignità che riesco a raccogliere e mi incammino verso lo studio.

Il mio ginecologo è indiano.
Il mio ginecologo è indiano, altissimo e ha le sopracciglia più folte che abbia mai visto.
Il mio ginecologo è anche un po' contrariato, perché mi dice: 
"E' impossibile che io ti abbia prescritto questa pillola".
La pillola in questione mi sta dando dei problemi, ergo voglio cambiarla. Ma a quanto pare qui il problema è a monte.
"Sono tre anni che vengo da te... "
"In vent'anni di carriera non ho mai prescritto questa pillola".
C'è sempre un'eccezione.
"Ma a me... "
"Guarda, te lo posso dimostrare".
Si alza e apre lo schedario.
Ci diamo del tu perché una volta ho sbagliato a mandare un sms e l'ho spedito a lui. Nulla di eccezionale, se non fosse che era un ricettacolo di insulti vari destinati a un mio ex. Non ci ho fatto proprio una grandissima figura, devo dire, ma l'ha presa sul ridere e da lì la formalità se ne è andata decisamente a cagare.
Trova la mia cartella e torna sui suoi passi. Si siede. Sfoglia. Legge in silenzio e... Inarca le enormi sopracciglia. Enormi. Proprio enormi. E bianchissime. Proprio bianchissime. 
Attendo.
"Questo è molto strano... ", dice.
Oddio.
"Cosa?"
"E' la mia calligrafia!"
Io rimango raramente senza parole, e questa è una di quelle rare volte. Lui continua a studiare stupefatto la cartella, borbottando frasi sconnesse e inintelligibili e confermando la mia verità. Idiota.
"Quindi ora mi cambi pillola?"
"Sì sì... Certo. Proprio non ricordavo di... "
"Succede".
"Sei l'eccezione in vent'anni di carriera".
"Confermo la regola".
"Già".
Esco dallo studio con la mia nuova ricetta in mano.

Dopo aver provato l'equivalente di metà negozio e aver segretamente riso delle espressioni esterrefatte della commessa ai commenti di Fratello ("Troppo zoccola - troppo casta - sembri una pera e ohmmioddio" con tanto di faccia disgustata), compro una maglia scollata e attillata con una grossa tigre serigrafata su un fianco. Sexy, sì, ma leggerissima. Probabilmente perirò di freddo, ma sarà stata una morte eroica. 

E' giunta l'ora.
Trionfante spengo la macchina e guardo l'orologio: merda. Io e la mia stupida abitudine di arrivare in anticipo. Mancano dieci minuti all'ora x e la mia temperatura corporea sfiora i -20. Questo cazzo di cappotto è carino e tutto quanto, ma non fa il suo dovere a sufficienza. Sparo al massimo il riscaldamento.
Due sigarette e dieci tentativi di domare il solito ciuffo ribelle dopo, una Civic nera si accosta e il bel volto di Mike sorride compiaciuto dietro il finestrino. Io ho tutti i vetri appannati, una densa nuvola di fumo aleggia per l'abitacolo e lo stupido ciuffo si ribella di nuovo. Uno spettacolo emozionante.
Con nonchalance mi chiudo la portiera alle spalle e faccio il mio ingresso nella sua macchina. Calda. Comoda. Accogliente. Profumata di Arbre Magique. Sono innamorata.
Parliamo un po' di tutto, tipici discorsi tra persone che non si conoscono. Mike è un interlocutore attento, fa molte domande e ascolta senza interrompere. Ci tappiamo in un pub e il dialogo prosegue tranquillo fino al fatidico momento: "Che dici, facciamo un giro?"
Sìsìsìsìsì!!! urla il mio corpo tutto.
Assolutamente NO, controbatte una voce che somiglia tanto a quella di mia sorella. E di Red. E della Bionda. E di Made e di tutte le persone che mi hanno consigliato di non dargliela vinta così facilmente.
Ma lui non vince nulla, nel senso: TU muori dalla voglia di portartelo a letto, sussurra sinuoso il Diavolo.
Poi però non lamentarti del fatto che collezioni trombamici, e non uno straccio di storia degna di questo nome, tuona severo l'Angelo. 
Lamentarsi? E quando mai?! 
Ma sì, esci con diversi uomini e ti diverti e credi di essere soddisfatta così ma sotto sotto ti manca un qualcosa di più stabile.
Ma vai a cagare.
Mentre metà cervello fa a botte con l'altra metà, io sorrido e prendo tempo.
"Vado un attimo al bagno".
Non dirò mai, mai alla toelette. Mi sa troppo di vecchia-signora-cortese.
Lavo le mani e mi guardo allo specchio: il ciuffo si sta facendo i cazzi suoi. Prima o poi lo decapito. Insomma, Vanessa, cosa fare? E' la prima volta che affronto un problema del genere, e il motivo è semplice: questo è il primo primo appuntamento della mia vita. Già. Finora è andata che:
A - Sono in un bar, un pub, un locale qualunque o al Crash
B - Noto o vengo notata da uno
C - Scopiamo e 
D - Ci si rivede oppure no.
Semplice. Non sono quel tipo di ragazza che aspetta ansiosamente il messaggio di buongiorno la mattina dopo: se condivido una bella serata mi basta così, poi quello che viene viene. Ed è interessante sottolineare che: il messaggio del buongiorno arriva quasi sempre, magari non la mattina dopo, ma arriva. Ed è interessante notare che: ho stretto numerose grandi amicizie in questo modo. Quando la scintilla affievolisce e il desiderio volge gli occhi verso nuove e inesplorate vie, è semplicemente inutile starsi a raccontare balle. Ho mai sbattuto la testa? No. Ho un talento innato nel trovare uomini disinteressati a un rapporto impegnativo e/o uomini che stimo ma di cui non potrei innamorarmi (e che non potrebbero mai innamorarsi di me) e/o uomini, eh già, fidanzati.
A fare la romantica, se e quando Lui verrà... Verrà. E che somigli a Brad Pitt, possibilmente.
Torno sulla terra e decido di provare qualcosa di nuovo: il rifiuto. Soffertissimo, ma sono dell'idea che un tentativo possa valere la pena. Così lo raggiungo e indosso il cappotto che fa finta di essere un cappotto ma in realtà non ripara proprio per un cazzo ed entro in macchina e dico tutto d'un fiato: "Magari è meglio aspettare".
Incredibile: L'HO DETTO!
L'Angelo esulta mentre il Diavolo mi osserva con odio e si infila due dita in gola facendo finta di vomitare.
Mike non si scompone: mi riporta alla macchina (ancora appannata, ma porca... ) e prima di congedarmi... Mi bacia. Un bacio lungo, tenero, memorabile.
Ci sa fare, sputacchia il Diavolo tra un finto conato e l'altro. Lo sai. 
Eh sì, lo capisco subito. Comunque ormai la decisione è presa, e sorrido beatamente per l'intero quarto d'ora che mi ci vuole per spannare tutti gli stupidi finestrini.

Continua...





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